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Giuseppe Pinelli nelle lotte operaie

Giuseppe Pinelli nelle lotte operaie

Quando si parla di Giuseppe Pinelli, nelle varie iniziative che lo ricordano come vittima della repressione di Stato, nell’immaginario collettivo prevale l’idea del propagandista anarchico. Pinelli, assieme ai suoi compagni, era anarchico e propagandista dell’“ideale”, con l’obbiettivo di abbattere ogni forma di potere, affinchè il genere umano sia realmente libero.  Pinelli è stato anche un giovanissimo partigiano, perché gli anarchici sono stati anche questo, partecipi alla lotta di liberazione anche con brigate proprie; una resistenza spesso sconosciuta dalla storiografia della sinistra istituzionale.

Ma Giuseppe Pinelli è stato anche un compagno molto impegnato nelle lotte sociali e nei luoghi di lavoro. Questa è la parte che spesso viene ingiustamente messa in ombra.

Il movimento libertario in generale ha avuto nella storia delle lotte operaie una presenza e un importante ruolo, anche questo spesso oscurato, che ha portato a conquiste sindacali ed emancipative nel movimento dei lavoratori che hanno profondamente segnato il secolo scorso.  Nel 1912, più di un secolo fa, nasceva l‘Unione Sindacale Italiana, in rottura con la Cgl (oggi Cgil), come forza sindacale rivoluzionaria e anarcosindacalista, protagonista di lotte sindacali radicali e di conquiste importanti fino all’avvento del fascismo che, per decreto prefettizio, nel 1925 fu il primo sindacato ad essere sciolto.

Pinelli riassume in sé tutti questi aspetti: anarchico, partigiano, lavoratore impegnato nelle lotte sindacali esplose nel “68, nel mondo e in Italia, che hanno messo in discussione i meccanismi stessi dello sfruttamento in fabbrica e nella società.

L’incontro con Pinelli

Avevo già avuto modo di conoscere Pino nei primi anni ‘60 a Senigallia, nella mia città natale, ero uno dei pochissimi giovani attivo nel gruppo locale. Pino ci venne a trovare in sede presentandosi come giovane anarchico di Milano interessato ad uno scambio d’informazioni e di vedute. Lui si trovava a Senigallia, in quanto la sua compagna Licia aveva i genitori di provenienza da quel luogo. Successivamente abbiamo avuto modo di confrontarci a Carrara, dove mi ero trasferito alla fine del 1965 su proposta dei compagni locali, visto il mio particolare interesse verso la questione anarcosindacalista, per seguire la rinata sezione USI, ospitata nella sede del Germinal dei gruppi anarchici, in piazza Matteotti. Anche Pino era interessato alla questione del sindacalismo libertario, e aveva in progetto di costituire una sezione USI anche a Milano assieme ad altri compagni. A tal scopo aveva nello stesso tempo preso contatti con il segretario nazionale  di USI dell’epoca, il compagno Libero Dall’Olio, impegnato nelle lotte sindacali nel genovese, dove funzionava una sede sindacale.

Quando decisi di spostarmi da Carrara a Milano era la fine di aprile 1969, proprio il periodo in cui vennero fatte esplodere le bombe alla fiera e alla stazione da parte dei fascisti, prova generale della politica stragista. Infatti, come da copione, furono incolpati gli anarchici, con una caccia alle streghe che, come sappiamo, portò all’arresto e alla detenzione di diversi compagni. In quella situazione Pino mi propose di ospitarmi per il momento in casa della sua famiglia, dove mi trattenni per una settimana circa per poi trasferirmi, in piazza Fontana, all’ex albergo Commercio occupato già da alcuni mesi e trasformato in “Casa dello studente e del lavoratore” come risposta alla mancanza abitativa. Nella mia breve permanenza in quella situazione, si costituì anche una sezione USI Centro, fino allo sgombero avvenuto in agosto, che seguiva ed interveniva in alcune situazioni, come le lotte per una vertenza aziendale dei lavoratori della Fiat in corso Sempione, le lotte per il diritto alla casa nei quartieri come Quarto Oggiaro, una vertenza per quanti lavoravano nelle “carovane”, dove si assumeva personale per servizi vari a chiamata. Su tali questioni ci si confrontava spesso con Pino.

La costituzione della sede USI alla Bovisa

Giuseppe Pinelli lavorava nelle ferrovie come manovratore, partecipe nelle lotte sindacali rivendicative all’interno dell’azienda. Come si è già accennato, con un gruppo di compagni e lavoratori, aveva dato origine, all’inizio del ‘69, alla sezione USI in zona Bovisa, ospitata nella sede anarchica del Ponte della Ghisolfa in piazzale Lugano, ma gli interventi in tal senso erano iniziati in zona già da circa un anno. La Bovisa all’epoca era una zona molto industriale e da punto di vista sindacale c’era molto da fare nelle aziende di quel territorio. Tra le fabbriche in cui l’intervento USI era più continuativo c’era la Olmo e la Smeriglio. Tra i temi più trattati c’erano quelli delle condizioni di lavoro e soprattutto contro la nocività all’interno e contro la monetizzazione della salute. Alla Smeriglio, lavorava Ivan, un compagno anarchico morto poco tempo fa; era uno dei principali promotori assieme a Pino nella sezione USI. In una intervista rilasciata tempo fa sosteneva che dove lavorava le polveri nocive si respiravano a pieni polmoni e descriveva l’importante lavoro che svolgeva Pino nell’attività della sezione della Bovisa. Una attività che si allargava anche alle tematiche sindacali generali: il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, contro gli attacchi repressivi da parte della polizia verso le lotte operaie, esprimendo sostegno e solidarietà nei loro confronti, esprimendo forte critica per lo Statuto dei lavoratori, che era in discussione in quel periodo, partecipando alle iniziative del Primo Maggio, inteso come giornata di rivendicazione e di lotta. Un’attenzione particolare da parte della sezione USI era data alle lotte nei quartieri per il diritto alla casa e collegarle con le lotte nelle varie aziende di quel territorio.

L’USI e l’esperienza dei CUB

La caratteristica della sezione USI, alla quale Pinelli si ispirava, si coglieva soprattutto nei rapporti con i CUB, che erano, almeno al tempo era un fatto risaputo, organismi spontanei di lavoratori (Comitati Unitari di Base) sviluppatisi soprattutto nelle grandi fabbriche. I CUB promuovevano iniziative di lotta diretta per il salario, contro il cottimo e i ritmi delle catene di montaggio, contro le gerarchie del comando nelle fabbriche, per la difesa della salute nei posti di lavoro, scavalcando le rappresentanze sindacali, come le Commissioni Interne, nominate dalle burocrazie dei sindacati esterni. Erano lotte che, per l’unità e la forza che esprimevano, facevano molto male ai padroni. Pinelli, in rappresentanza della sezione USI, aveva stabilito collegamenti con diversi organismi spontanei di questa natura, costituendo un coordinamento nella sede di USI Bovisa, tra cui il CUB della Pirelli, e in particolare dell’ATM, dove erano presenti compagni anarchici. Le comunicazioni dell’USI Bovisa erano molto chiare nel definire il massimo rispetto dell’autonomia di tali organismi, espressione diretta delle lotte organizzate dagli operai.

Purtroppo tutto questo importante lavoro viene vanificato con le bombe di piazza Fontana e l’assassinio di Pinelli, e dalla scelta obbligata di un’altra priorità: quella di far fronte al pesante attacco repressivo dopo la strage di Stato, per la difesa dei compagni ingiustamente arrestati, mettendo in campo un grande sforzo di controinformazione, per smascherare il grave attacco repressivo in corso.

Il falso suicidio di Pino

Sicuramente il tentativo degli apparati istituzionali, con l’utilizzo dei servizi segreti, di coinvolgere Pinelli nella strage di piazza Fontana, non ebbe successo. Fin da subito venne smascherata l’ipotesi che si fosse trattato di un suicidio autoaccusatorio, come prova evidente della responsabilità nella vicenda della strage. Questo assassinio di stato porta con sé l’attacco a quel ribellismo anarchico, molto diffuso nei contenuti della contestazione sessantottina, assieme all’attacco alle lotte operaie ispirate da un anarcosindacalismo diffuso. E Giuseppe Pinelli, nella sua figura, rappresentava tutto questo. Ce le ricordiamo le dichiarazioni del questore Guida, appoggiate dal commissario Calabresi, nella conferenza stampa, subito dopo il defenestramento di Pino; attribuendone la morte al suicidio, nel mentre, avrebbe gridato la frase mai pronunciata “È la fine dell’ananrchia”. Ma è proprio per l’inattaccabilità di Pino, di una vita vissuta apertamente da partigiano, da anarchico e da anarcosindacalista impegnato nelle lotte del tempo, che la menzogna dichiarata in conferenza stampa non ha retto fin da subito. Anzi è stato un bumerang, un utile e importante grimaldello nella controinformazione per inchiodare Stato e padroni, con sevizi segreti e utilizzo di fascisti annessi, nella loro responsabilità in quella strage di Stato.

È uscito, non molto tempo fa, un libro “Il Ferroviere di San Siro”, editato da USI e Associazione Pietro Gori, curato da Franco Schirone. È stato presentato anche nell’iniziativa che tutti gli anni, nella serata del 14 dicembre ricorda Pinelli in via Micene, adiacente a via Prenestina, dove Pino abitava con la sua famiglia. In questa pubblicazione viene raccontato proprio questo aspetto anarcosindacalista nella vita di Pino, riproducendo anche diversi documenti e volantini dell’ USI Bovisa di cui abbiamo parlato.

Enrico Moroni 

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